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Michele De Bernardin: La spinta a due piedi nel tuffo

La redazione ringrazia il Vicenza Calcio, Michele De Bernadin e i ragazzi del settore giovanile. Buon inizio di stagione 2014-2015.

CIAO MICHELE, RACCONTACI LA TUA STORIA…

Grazie all’amicizia con Claudio Filippi e Marco Garofalo e soprattutto dopo la sinergia che si è venuta a creare con quest’ultimo in un incontro a Vicenza, mi è stata data la possibilità di un’intervista con cui avrei potuto trattare l’argomento relativo alla tecnica del portiere su tiri ravvicinati al quale credo molto: LA SPINTA A DUE PIEDI (O DOPPIO IMPULSO) NEL TUFFO.

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Innanzitutto mi presento, ho 36 anni, sono laureato in Scienze Motorie ed ho perso la testa per il calcio già dalla tenera età di 5 anni iniziando come centrocampista per poi finire a parare dei rigori in una partita che mi ha cambiato completamente la visuale di questo sport rispetto agli altri compagni di squadra. Ho fatto tutta la trafila nel settore giovanile del Vicenza Calcio, per poi migrare in “Prime” squadre venete dalla vecchia C2 fino alla Promozione.

A 18 anni poi militavo nel Montecchio Maggiore, una formazione di serie D, ed ho chiesto se oltre a giocare, c’era la possibilità di allenare i giovani numeri 1 e la società ha ben accolto la mia richiesta facendomi seguire la fascia bassa del settore giovanile, quindi mi sono buttato.
Da quel giorno dato che ero un portiere “normale”, ho iniziato a pensare un po’ meno al calcio per dedicarmi con grande passione a questo ruolo che tuttora pratico ed è diventato il mio lavoro con discreti risultati.

Il mio percorso è stato un susseguirsi di aggiornamenti, dopo aver sperimentato più metodi, ho iniziato a delineare un’idea di preparazione specifica che ha suscitato la curiosità degli addetti ai lavori e successivamente sono stato chiamato dal Cittadella all’ora in C1 per svolgere la mansione di responsabile della fascia bassa fino ai giovanissimi, del settore giovanile. L’anno dopo ho allenato Berretti e Allievi coordinando due preparatori che si occupavano dei più piccoli. Per altre due stagioni ho lavorato al Padova in qualità di preparatore di Berretti e Allievi e responsabile dell’area portieri del settore giovanile, introducendo una sorta di Scuola portieri che è tuttora attiva.

Grazie a quell’esperienza, è arrivata la chiamata in Prima squadra dell’Alto Adige in C2 dove ho passato tre anni splendidi che mi hanno fatto maturare allenando portieri come Trini e Zomer e arrivando a raggiungere la storica promozione in C1; successivamente ho allenato un anno alla sambonifacese in C2, svolgendo per le ultime sei gare il ruolo di “mister”, non riuscendo a raddrizzare una barca ormai quasi totalmente affondata; infine da due anni e in procinto di iniziare il terzo, sono il preparatore della prima squadra del Vicenza Calcio con mansioni di responsabile tecnico dell’area portieri del settore giovanile. In questa società gloriosa mi è stata data la possibilità di allenare portieri come Pinsoglio, Coser, Ravaglia, Bremec, Alfonso e di assaporare il gusto della serie B. Oltre a tutto ciò ho sempre organizzato stage per portieri e allenatori, e tuttora gestisco insieme a dei collaboratori una Scuola portieri A Vicenza.

RIGUARDO ALLA SEDUTA DI ALLENAMENTO, COME ORGANIZZI IL MICROCICLO SETTIMANALE CHE PORTA ALLA GARA DI CAMPIONATO?

Per quanto concerne la mia settimana tipo d’allenamento, solitamente condivido la mia idea di lavoro con lo staff per cercare di far coesistere il più possibile il lavoro tecnico tattico specifico con quello della squadra, il quale permette al portiere di migliorare la collaborazione col reparto difensivo soprattutto sotto l’aspetto della comunicazione e della trasmissione della palla, oltre alla copertura dello spazio. Nello specifico considerando una settimana dal martedì al sabato con gara alla domenica, imposto il mio lavoro nel seguente modo:

– martedì pomeriggio: ripresa con la squadra (mobilità a corpo libero, tecnica podalica), tecnica di porta, possessi con la squadra e partita finale;
– mercoledì mattina: forza parte superiore, lavoro su letture e situazioni di uscite in tuffo considerando che spesso la squadra dopo la forza esegue esercizi di 1>1, 2>2, ecc;
– mercoledì pomeriggio: spostamenti e parate di vario genere simil partita, esercitazioni tattiche con la squadra, partite a pressione;
– giovedì mattina o un’ora prima dell’allenamento del pomeriggio: seduta legata alla propriocettiva, all’elasticità e alla forza degli arti inferiori più adattamento in campo;
– giovedì pomeriggio: riscaldamento pre gara e amichevole, alla fine della gara esercitazioni su rinvii con mani e piedi;
– venerdì mattina o pomeriggio: lavoro situazionale con particolare attenzione alle giocate della squadra che si va ad affrontare, esercizi di rapidità, lavoro con la squadra;
– sabato: rifinitura lavoro situazionale legato alle giocate avversarie, reattività, lavoro con la squadra.
In questo “contenitore” ci sono da considerare i momenti in cui i portieri lavorano in maniera personalizzata su aspetti preventivi, aspetti tecnici da migliorare o consolidare.
Infine in modo non schematico effettuo l’analisi video su sedute d’allenamento, gare da affrontare e gare giocate e gare di portieri di varie categorie e campionati per avere un confronto con altre realtà.

COME ORGANIZZI LE SETTIMANE CHE COMPONGONO IL CICLO DELLA PREPARAZIONE PRE CAMPIONATO?

Parto da una premessa, considerando che i ritiri negli anni sono evoluti molto con impegni ufficiali sempre più vicini al primo giorno di ritrovo, amichevoli organizzate anche a giorni alterni per permettere a tutti il giusto minutaggio e tempo di lavoro/recupero, i portieri sono sotto pressione da subito con partite di spessore e devono risultare pronti in poco tempo sotto i vari aspetti, mantenendo una condizione ottimale per tutta la stagione.

Detto ciò dopo qualche giorno di “messa in moto” in sede dove si curano aspetti come mobilità, lavoro aerobico, tecnica podalica, prese in piedi, si parte per il ritiro spesso in altura che può durare 12/15 giorni con sedute giornaliere doppie. Finiti quei giorni si concede una piccola pausa e poi si riparte a ritmo serrato con allenamenti doppi in sede fino all’inizio del campionato al quale si dedica la settimana tipo. Innanzitutto prima di ogni seduta faccio svolgere ai portieri esercizi di propriocettiva o mobilità generale o prevenzione per gli arti superiori; nella prima settimana inizio a proporre il mio metodo dando importanza alle letture e curando un po’ meno la tecnica (che alleno nei tempi morti o a fine allenamento), al lavoro di trasmissione palla e inserisco due momenti di forza generale funzionale per parte superiore e inferiore. Nella seconda settimana intensifico gli esercizi di lettura e copertura dello spazio, curando e richiedendo più attenzione ai concetti tecnici, per il resto rimane uguale.
Nella terza settimana inizio ad inserire lavori di forza esplosiva per arti inferiori e superiori adattandoli poi in campo. Spesso questa settimana coincide con il primo impegno ufficiale.
Se ho bisogno di fare lavori specifici particolari o personalizzati chiedo ai portieri di arrivare prima al campo o di fermarsi finita la seduta, inoltre con il gruppo n.1 al completo inizio ad analizzare tramite video le varie sedute d’allenamento.

HAI E SE HAI QUALI SONO, DEI PUNTI DI RIFERIMENTO NELLA PRESTAZIONE DEL PORTIERE?

Nel quadro generale di una gara, quando analizzo la prestazione del “mio” portiere (soprattutto nel primo periodo) inizio col dire una cosa banale, ma non troppo: “prima cosa deve parare non importa come”. Poi analizzo la capacità di lettura e copertura dello spazio, la gestione tecnica coi piedi, l’interazione e l’intesa con la difesa, la sfrontatezza con la quale affronta le situazioni che gli si presentano, facili o difficili che

siano, inoltre valuto la capacità di spostamento frontale o laterale sia in porta che in uscita.

Ora passiamo a quello che considero uno dei miei cardini nella preparazione specifica.
Per quanto mi riguarda a livello tecnico e d’efficacia, sui tiri ravvicinati e a maggior ragione quelli diagonali, il miglior modo per parare è la respinta di piede o la spinta a due piedi o doppio impulso.
Parata che bisogna assimilare molto bene in quanto necessita di una tecnica non indifferente. In tutte le categorie vediamo portieri che su questo tipo di conclusioni (sia da terra che dall’alto verso il basso), saltano letteralmente perché non sono piazzati bene o sono in movimento, facendo si alzano di molto il baricentro e perdono contatto col terreno con la conseguenza di guadagnare poco spazio verso la palla e rimanendo quasi sul posto non riuscendo ad essere efficaci nella parata.
La proposta che in maniera quasi assillante propongo ai portieri che alleno, è dettata da quello che analizzo in base alle statistiche del campionato che affronto e dei gol di serie A e B dove dallo studio degli ultimi due campionati (2012-2013 e 2013-2014) emerge che in percentuale le reti realizzate da dentro l’area di rigore sono circa l’85% e di queste dentro l’area di porta circa il 18% a discapito di quelle da fuori area che sono circa , di conseguenza ho cercato di capire cosa si potesse fare per ovviare il più possibile al problema e lo spunto principale l’ho “rubato” e poi modificato, osservando degli allenamenti di pallavolo in cui il “libero” in maniera molto efficace e semplice all’apparenza, nelle schiacciate si spostava abbassando il baricentro e restando fermo fino all’ultimo utilizzando le braccia in avanti o lateralmente ed eventualmente lanciandosi spingendo con entrambi i piedi a dx o sx per intercettare la palla.
Considerando la dinamica del tuffo, possiamo stabilire che inizialmente la gamba che fa perdere l’equilibrio al corpo è quella opposta alla direzione di parata e che la spinta del piede di quest’ultima per essere ottimale necessita di una dispersione minima dall’asse centrale del corpo. Dopo questa valutazione ho pensato di sfruttare al meglio i due piedi in un tipo di spinta che viene utilizzata in maniera sincrona oppure con un leggero ritardo tra un piede e l’altro (esterno interno) utile a sviluppare l’energia necessaria allo stacco, riducendo di molto la perdita di contatto con il terreno e guadagnando spazio con meno dispersione possibile. È anche vero che all’inizio il portiere risulterà più lento nei gesti ma come tutte le cose con il lavoro si migliora, nel caso contrario, cioè laddove il portiere non riesca ad assimilare questo tipo di parata, cerco di indirizzarmi ad una via di mezzo agevolandolo verso quello che gli risulta più consono.
Nella didattica d’apprendimento inizio col far lavorare l’atleta con due ginocchia a terra facendolo spingere prima a comando, partendo all’ultimo e poi con delle palle casuali sia come altezza che direzione, successivamente passo alla stazione eretta statica indicandogli direzione e altezza della palla con partenza il più ritardata possibile per poi andare a calciare in maniera casuale. In questo tipo di postura, soprattutto sui tiri diagonali ravvicinati lo “obbligo” a parare solamente con i piedi, tenendo le mani dietro la schiena, ottenendo a volte anche dissensi per arrivare però al risultato sperato nel quale il ragazzo nota che non potendo utilizzare le mani evita di tuffarsi saltando lateralmente e verso dietro, aumentando l’efficacia dell’intervento. Lo step successivo mantiene una postura statica, però alza la complessità con tiri casuali più veloci, infine con esercizi analitici e situazionali richiedo al N.1 di effettuare degli adattamenti e spostamenti tali da rendere la parata più vicina alla gara e di conseguenza con un coefficiente di difficoltà più alto, quello che in gergo si chiama “transfer”.
Questa parte dell’apprendimento necessita di essere affrontata al meglio per non farsi trovare impreparati. In generale noto che con questo metodo si ottengono buoni risultati, sia nel caso il portiere lo metta in pratica al meglio, sia in quello in cui lo stesso compia l’intervento con degli errori ma riducendoli notevolmente.

 

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