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La presa alla figura

di Claudio Filippi e Daniele Borri

La presa sin dagli anni sessanta era considerata uno degli aspetti tecnici utilizzati per definire la bontà o meno di un portiere. In quel contesto storico, in cui la maggior parte degli italiani economicamente era in difficoltà, il guanto da portiere veniva visto come un lusso che pochi potevano permettersi. E, se la domenica il numero uno entrava in campo senza, nessuno lo accusava di certo. Pertanto, molti portieri continuarono a giocare senza guanti, anche quando questo indumento incominciava a diffondersi. Il guanto infatti, in quel periodo, non era niente più che un oggetto rudimentale coi portieri che si affannavano per individuare il materiale più adatto per migliorare, anche solo di poco, la presa. Sotto il profilo strettamente calcistico, un momento determinante per la storia di questo “mezzo” e quindi “della presa per il portiere”, è stato il passaggio dal pallone in cuoio a quello in materiale plastico gli inizi degli anni 70.

Il nuovo materiale utilizzato per i palloni ha reso sicuramente più veloce il gioco e spettacolare la varietà delle soluzioni balistiche degli specialisti del calcio da fermo, ma ha aumentato le difficoltà di presa da parte dell’estremo difensore, sia per la potenza e l’effetto della conclusione sia per la lettura delle traiettorie. I portieri, che hanno giocato a cavallo delle ere del pallone in cuoio e quello plastificato, hanno confermato che i primi avevano cuciture così spesse, che fornivano veri e propri appigli per la presa. Inoltre, queste cuciture, con la pioggia, tendevano a gli ispessirsi, favorendo ultimamente l’aggancio; questo rappresenta uno dei motivi per cui si riusciva giocare anche a mani nude o con guanti di pelle leggera. I palloni plastificati, al contrario, hanno portato i numeri uno a non poter fare a meno dei guanti, sia per la velocità raggiunta dalla palla, sia per il sistema di gioco moderno, e a consolidare, quindi, altri fondamentali, come la respinta la deviazione (Ferrari & Ferron, 2010).

Vi sono portieri di alto livello che desiderano eseguire quotidianamente esercizi per la presa, perché il bloccaggio del pallone rappresenta una forma di espressione della loro forza, oltre che di sicurezza e con questo aumenta la loro autostima.(Filippi, 2007)

Si può migliorare sempre

Il “problema” della presa, quindi, è sempre stato argomento di discussione sia per i portieri sia per gli addetti a lavori e, ancora oggi, con l’ulteriore evoluzione dei palloni, sempre più rapidi e instabili, si sente dire che i numeri uno non “tengono più la palla” e che la maggior parte delle conclusioni vengono deviate respinte. Sicuramente la velocità dei tiri e la precisione dei tiratori rende sempre più difficile l’esecuzione di questo gesto in modo impeccabile ma, nonostante l’evoluzione del gioco che ha portato i portieri spesso a compiere scelte differenti rispetto ad una presa, quest’ultima rimane comunque uno degli obiettivi principali, tanto che anche durante gli allenamenti una mancata presa o una in due tempi, sono momenti vissuti dei protagonisti con una piccola sconfitta e una potenziale sfida per il tiro successivo. La presa rimane, quindi, uno dei gesti più importanti che il portiere, di qualsiasi livello o categoria sia, deve saper eseguire. Anche in atleti evoluti può essere migliorata e/o continuamente sollecitata con stress superiori rispetto a quelli che si verificano in partita per renderla più efficace e strumento vincente, nonostante le innumerevoli difficoltà del calcio moderno.

Quale intervento?

L’estremo difensore per parare interviene in presa, respinta o in deviazione. Deve essere in grado di scegliere, in relazione alla situazione che si presenta, quale dei tre gesti utilizzare. Una decisione sbagliata comprometterebbe il risultato della sua azione (Biffi, 2005). La scelta del tipo di intervento è determinato da diversi fattori: la velocità del tiro, la distanza da cui proviene il tiro, il tipo di traiettoria, l’effetto rotatorio della palla, le condizioni atmosferiche, lo stato del terreno, la presenza di avversari e/o compagni che possono ostacolare la completa visuale della traiettoria del tiro. Le parate in presa, dove è possibile, devono essere preferite in quanto determina la fine di un’azione; in caso contrario, il portiere in seguito a una respinta ho una deviazione, deve preoccuparsi insieme al reparto difensivo di risolvere la situazione successiva.

La tecnica

Si intende una procedura che permette di risolvere un determinato problema di movimento nel modo più razionale ed economico possibile. Un portiere che ha una buona tecnica di presa conferisce sicurezza a tutto il reparto difensivo, quindi un tiro neutralizzato con tranquillità regala sempre una buonissima sensazione sia al numero uno sia al proprio undici. Se è vero che è importante, molto importante, addestrare e allenare i portieri anche a eseguire correttamente ed efficacemente le deviazioni e le respinte, sarà fondamentale dedicare in ogni allenamento uno o due momenti di lavoro specifico sulla presa. Questa consiste in un gesto tecnico che il numero uno esegue per interrompere la traiettoria della sfera non fermandola solo con le mani, ma con tutto il corpo. Spesso si pensa, infatti, che sia qualcosa di attribuibile unicamente alla posizioni delle mani; in realtà è tutto il corpo che concorre all’obiettivo di fermare la palla (anche se sicuramente mano e braccia svolgono il ruolo principale). A livello didattico, in modo particolare quando operiamo con giovani, È opportuno per prima cosa far comprendere le tipologie di presa (vedi elenco sotto) e quindi aiutarli a stabilire quando usare una piuttosto che un’altra e i rispettivi vantaggi. In questo articolo analizzeremo le prese alla figura, ovvero:

  • Con distensione delle braccia in avanti e palla in prossimità del viso;
  • Con distensione delle braccia in avanti con palla non centrale, ma leggermente spostata; il linea di massima, possiamo definirla come una presa con il pallone che si trova in prossimità della spalla del portiere;
  • Con palla all’altezza dell’addome;
  • Con palla che batte davanti all’estremo difensore e successiva chiusura a terra della stessa.

Curiosità

Nella posizione di partenza, soprattutto nei giovani, è importante che i portieri siano con le mani aperte e le “dita distaccate” e ben distese. In questo modo saranno costretti a percepire le proprie mani da subito. Questo garantirà loro una migliore percezione e gestione dei segmenti corporei e, quindi, più precisione nell’afferrare la palla.

Presa con distensione delle braccia in avanti e palle in prossimità del viso

Il portiere, mantenendo la postura, con spalle e testa in avanti, distende le braccia verso la palla. Le mani dovranno essere aperte con le dita staccate e distese, ma non rigide. Una volta avvenuto il contatto con la sfera, le braccia devono accompagnare, o meglio rallentare, il movimento della stessa con una controllata flessione portandola circa l’altezza della bocca. Questo consente al portiere di non perdere di vista il pallone e contemporaneamente controllare ciò che succede in campo per un’eventuale ripartenza veloce. Simultaneamente alla flessione delle braccia, il numero uno deve piegare gli arti inferiori agevolando così con tutto il corpo una buona riuscita del gesto (Foto 1,2,3 e 4)

Daniele Borri e Claudio Filippi, La presa alla figura 1

Presa con palla leggermente spostata

Dobbiamo immaginare il portiere “diviso a metà” dal suo piano sagittale. Quando la palla ha una traiettoria proiettata sulla sua spalla destra, il numero uno deve cercare di porre il proprio corpo dietro questa. Per riuscirci sposta l’arto inferiore destro (in questo caso), mantenendo le spalle e la testa proiettata in avanti. Le braccia “partendo da sotto”, devono distendersi verso la palla e al momento del contatto, come per la situazione precedente, flettersi rallentando il pallone. L’arto inferiore dietro la palla si piega agevolando il gesto, mentre il sinistro si avvicina questo (senza strisciare il piede a terra) per garantire il miglior equilibrio (Foto 5,6,7,8,9 e 10).

Daniele Borri e Claudio Filippi, La presa alla figura 3

Daniele Borri e Claudio Filippi, La presa alla figura 4

Daniele Borri e Claudio Filippi, La presa alla figura 5

Presa con palla all’altezza dell’addome

Anche in questo caso dobbiamo immaginare il portiere “diviso a metà” sul piano sagittale. La palla arriva all’altezza dell’addome. Deve cercare di portare il proprio corpo dietro la palla stessa. Se questa è leggermente verso la sua destra, deve spostare la gamba destra e distendere le braccia in avanti con il palmo delle mani verso l’alto, “mignoli vicini” e “pollici infuori”. Si forma, con il tronco, le braccia le mani “un sacco”, nel quale entra il pallone. Avvenuto ciò, il portiere deve “fissarla” con le mani portando il mento verso questa per impedire la fuoriuscita. La gamba destra si piega per sorreggere il corpo e la sinistra si avvicina la destra per garantire l’equilibrio (senza strisciare il piede a terra). La “schiena”, nella parte finale della presa, è parallela al terreno. Nel caso in cui la sfera venisse persa, si troverà comunque in una zona in cui può essere facilmente recuperata (Foto 11,12,13,14 e 15).

Daniele Borri e Claudio Filippi, La presa alla figura 6

Daniele Borri e Claudio Filippi, La presa alla figura 7

Presa con palla che batte e successiva chiusura terra

Si esegue su quei tiri cone palla che rimbalza davanti al portiere. Anche in tal caso dobbiamo immaginare il portiere “diviso a metà” sul suo piano sagittale. Se la palla e leggermente alla sua destra, deve portare la gamba destra dietro questa, le spalle sopra il pallone e distendere le mani (“mignoli vicini” e “pollici in fuori”) nei pressi del punto in cui batte a terra. Una volta afferrata la palla, il numero uno devo accompagnare il movimento sbilanciandosi davanti chiudendo la terra. La gamba destra resta flessa e in appoggio sul terreno con la sua parte mediale e, per garantire una presa sicura, il portiere deve appoggiare il bacino a terra e portare il mento verso la palla (Foto 16,17,18,19,20 e 21).

Daniele Borri e Claudio Filippi, La presa alla figura 8

Daniele Borri e Claudio Filippi, La presa alla figura 9

Testa e traiettorie

È fondamentale in settimana addestrare i portieri, soprattutto sui giovani, alla corretta esecuzione della presa. Infatti, è solo attraverso la ripetizione che un gesto può venire consolidato è migliorato. Ma non dobbiamo dimenticare che durante la partita una buona esecuzione non sarà determinato solamente dalla tecnica. Infatti, la presa prima che nelle dita delle mani viene elaborata della testa e la capacità di decodificare le traiettorie (spesso mutevoli negli ultimi metri) è uno degli aspetti da consolidare (Filippi, 2007), oltre ovviamente alla capacità di adattarsi con tutto il corpo nella gestione del pallone. Sarà indispensabile, pertanto, preparare il portiere a controllare palloni che cambiano traiettoria all’ultimo istante o effettuare delle prese in situazione di difficoltà come possono essere, ad esempio, esercitazioni di destrezza o con handicap.

Gli esercizi

Presa in destrezza: Il portiere parte con una palla in mano e in posizione di tiro. Sulla conclusione del tecnico deve lanciare la propria palla verso l’alto, eseguire la presa sull’altro pallone, restituirlo al mister e rapidamente recuperare la propria (Foto 22).

Daniele Borri e Claudio Filippi, La presa alla figura 10

Presa con palloni di diverso peso (presa con traiettorie instabili): Il portiere in posizione di tiro, l’allenatore esegue diverse conclusioni alternando palloni da calcio ad altri da pallavolo.

Presa con handicap: tra l’allenatore il portiere in posizione di tiro e collocata una sagoma gonfiabile. L’allenatore calcia verso il numero uno. Il pallone passa a destra, a sinistra o sopra la sagoma o addirittura può essere deviato dalla sagoma stessa. Ovviamente cerca di eseguire una presa (foto 23).

Daniele Borri e Claudio Filippi, La presa alla figura 11

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