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L’editoriale di Claudio Filippi: L’evoluzione del portiere

Claudio Filippi è stato l’autore dell’editoriale per la rivista Scienza e&Sport. Ora è disponibile per i nostri lettori. 

Che tipo di atleta è diventato il portiere? Questa è stata una delle domande che mi ha posto il direttore di Scienza&Sport, Ferretto Ferretti e mi ha spinto ad accettare la richiesta di scrivere “l’editoriale”.

Infatti, il ruolo del portiere, come avviene per atleti di altre discipline, deve rimanere sempre al passo coi tempi; è in continua evoluzione e presenta dei cambiamenti importanti secondo diversi aspetti. In primo luogo, il numero uno ora ha una struttura fisica importante: nell’ultimo Mondiale la statura media dei portieri è stata di 187,68 ± 5,19 cm (L’evoluzione tecnico tattica del portiere da Usa 1994 a Brasile 2014, Filippi & Squinzani – Calzetti e Mariucci Editore). Se consideriamo, invece, solo gli under 23 europei presenti alla rassegna iridata, la statura sale a 192 ± 3,83. Il peso? Attorno ai 90 kg. In pratica, un fisico imponente che deve essere anche “veloce” ed elastico.

In secondo luogo, sta variando anche l’interpretazione della tecnica propria del ruolo. Il gioco è diventato più rapido, i palloni pure (e a volte assumono traiettorie poco “prevedibili”) e le richieste tecnico-tattiche sono numerose: infatti, gli estremi difensori devono saper giocare “sotto pressione” coi piedi. Cosa significa? Che, tatticamente parlando, devono gestire al meglio la palla coi piedi, disimpegnandosi da situazioni di difficoltà con gli avversari in pressing (il 45,32% delle giocate coi piedi nel Mondiale scorso è avvenuto in una situazione di pressione). Ecco che il primo controllo e la successiva giocata diventano fondamentali. Non basta più, come in passato, rilanciare lungo (o fuori), ma bisogna orientare la ricezione e soprattutto “leggere” il gioco per eseguire un passaggio “sicuro” e utile allo sviluppo della manovra.

Inoltre, come detto, vi sono l’instabilità e l’imprevedibilità dei palloni, che possono cambiare traiettoria improvvisamente a seconda di come calciati: nel momento in cui si è verificato tale cambiamento, molti numeri uno (coi loro mister) hanno privilegiato la deviazione alla presa. Tutto corretto, ci mancherebbe, ma una vera discriminante tra un buon portiere e uno di livello assoluto è proprio l’abilità di “bloccare” le conclusioni. Coi logici vantaggi che si verificano: si ferma immediatamente l’azione avversaria (evitando pericolose ribattute a rete) e soprattutto si può dare il là a una transizione rapida e micidiale (per la quale è indispensabile una veloce “lettura” per scegliere dove indirizzare il pallone). Ecco perché è necessario tornare a incentivare la presa.

Continuando l’analisi, come non toccare l’aspetto delle “uscite basse”. O meglio delle “uscite basse” scoraggiate dal regolamento: infatti, in caso di uscita e scontro con l’attaccante… si rischiano rigore, espulsione e squalifica. Perciò, molti portieri italiani hanno mutuato tecniche da scuole diverse, come quella spagnola, argentina… optando per azioni a “croce” per opporsi in 1 contro 1 agli avversari. Un atteggiamento interpretato per lo più in forma passiva che mira a farsi colpire dal pallone e non a intercettarlo. E anche in tal caso è necessario tornare ad “attaccare la palla”, cambiando all’occorrenza “rotta”. Sarà, quindi, importante lavorare sulla distinzione tra l’uscita bassa e l’accompagnamento dell’attaccante mantenendo la posizione d’attesa. Lasciamo perdere le mode! In più, sarebbe auspicabile un comportamento più cavalleresco degli attaccanti che, invece di ricercare il contatto, possono provare a “saltare” il numero uno… come una volta!

Prima di concludere, vorrei porre l’attenzione su un ultimo punto: l’insegnamento della tecnica! Penso che noi allenatori dei portieri stiamo attraversando un periodo “confusionario”, passatemi il termine. Proponiamo parecchie esercitazioni con il pallone che prevedono tutto nello stesso momento, una sorta di “macedonia”: saltelli, sprint, rotolamenti, azioni che mirano all’incremento della forza, richieste psicocinetiche varie… ma non correggiamo i gesti. E’ la padronanza tecnica, il tratto distintivo della scuola italiana, rischia di perdersi. Dobbiamo, come avviene in altri sport, tornare a un lavoro specifico, proprio del ruolo, fin dal settore giovanile.

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L’allenamento di Neuer e Reina: analisi del bloccaggio tra le gambe

Partita perfetta degli uomini di Lucien Favre che grazie ad una doppietta di Raffael  fanno lo sgambetto alla capolista conquistando tre punti fondamentali nella corsa alla Champions League. Continua a leggere L’allenamento di Neuer e Reina: analisi del bloccaggio tra le gambe

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Alex Brunner e Simone Scuffet, la didattica della parata a contrasto (quarta parte)

Scuffet quarta parte

Siamo giunti alla quarta e ultima parte della didattica. Ancora una volta la redazione ringrazia l’Udinese Calcio, il Mister Alex Brunner e Simone Scuffet per la disponibilità. La condivisione dei nostri articoli sui social network è uno strumento molto potente. Vi invitiamo quindi, qualora ne abbiate piacere, a condividere i nostri articoli. Il vostro supporto è molto importante.
Grazie.

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PARATA A CONTRASTO di Alex Brunner

Perché la parata a contrasto?

Io ci credo tantissimo. La scena di gioco è la seguente: l’avversario è nell’area di rigore a una distanza compresa tra i 4-6 metri dal portiere. Il controllo del pallone è impreciso, si allontana dal piede a una distanza compresa tra 1-2 metri. Vedere il portiere passivo, inerme, già sconfitto ancora prima che il palloni entri in porta o speranzoso che un avversario concluda a rete è qualcosa che io non accetto.
Sfruttando la forza generata dalla spinta delle gambe, la somma della lunghezza del corpo e delle braccia distese-parallele (mani verticali a spazzaneve), la parata a contrasto mi consente di attaccare e difendere lo spazio limitato dal portiere stesso. Un avversario che non ha il pallone vicino al piede concede la possibilità al portiere (anche se in ritardo) di attaccarlo nella “terra di nessuno”. Ci vuole coraggio, struttura fisica e tecnica. Tutto ciò si può allenare ogni giorno. Io ci provo.
Il segnale per attaccare che io chiamo semaforo verde e’ quando il pallone tramite un controllo impreciso dato dal piede, dal petto, dalla coscia e dalla testa dell’attaccante, viene orientato nella cosiddetta “terra di nessuno”. Vedo molti portieri che in situazioni analoghe intervengono tuffandosi con le gambe rivolte verso il pallone e sedere a terra. Questo modo di opporsi permette la copertura dello spazio in modo approssimativo.
Ripeto che nella parata a contrasto insisto molto, ci credo molto e pretendo che venga eseguita.

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Alex Brunner e Simone Scuffet, la didattica della parata a contrasto (terza parte)

Simone Scuffet terza parte

La redazione ringrazia l’Udinese Calcio, il Mister Alex Brunner e Simone Scuffet per la disponibilità. La condivisione dei nostri articoli sui social network è uno strumento molto potente. Vi invitiamo quindi, qualora ne abbiate piacere, a condividere i nostri articoli. Il vostro supporto è molto importante.
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Continua l’appuntamento con Alex Brunner e la didattica della parata a contrasto. La terza parte è disponibile, buona visione. Continua a leggere Alex Brunner e Simone Scuffet, la didattica della parata a contrasto (terza parte)

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Alex Brunner e Simone Scuffet, la didattica della parata a contrasto (seconda parte)

Simone Scuffet seconda parte

La redazione ringrazia l’Udinese Calcio, il Mister Alex Brunner e Simone Scuffet per la disponibilità. Inoltre ringrazia tutti i nostri lettori per la straordinaria ondata di entusiasmo trasmessa con la pubblicazione della prima parte. Ci avete travolti!! La condivisione dei nostri articoli sui social network è uno strumento molto potente. Vi invitiamo quindi, qualora ne abbiate piacere, a condividere i nostri articoli. Il vostro supporto è molto importante.
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Alex Brunner e Simone Scuffet, la didattica della parata a contrasto (prima parte)

La redazione ringrazia l’Udinese Calcio, il Mister Alex Brunner e Simone Scuffet per la disponibilità.

Alex Brunner Simone Scuffet

PARATA A CONTRASTO di Alex Brunner

Perché la parata a contrasto?

Io ci credo tantissimo. La scena di gioco è la seguente: l’avversario è nell’area di rigore a una distanza compresa tra i 4-6 metri dal portiere. Il controllo del pallone è impreciso, si allontana dal piede a una distanza compresa tra 1-2 metri. Vedere il portiere passivo, inerme, già sconfitto ancora prima che il palloni entri in porta o speranzoso che un avversario concluda a rete è qualcosa che io non accetto. Continua a leggere Alex Brunner e Simone Scuffet, la didattica della parata a contrasto (prima parte)

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Il 27% dei goal arriva dalle palle inattive

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In questo inizio di campionato il 27% dei goal arriva da angoli, punizioni o rigori e negli ultimi 5 anni il numero oscilla tra 26 e 33%. Nell’ultima giornata di campionato (la quinta), Gabbiadini ha deciso da fermo il derby di Genova, Rami ha pareggiato per il Milan su calcio d’angolo e l’unica gioia dell’Inter è arrivata da una battuta a sorpresa di un calcio di punizione da parte di Palacio. Continua a leggere Il 27% dei goal arriva dalle palle inattive