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Luca Marchegiani: Chi fa il portiere? Io ho alzato la mano e ho cominciato così.

di Walter Veltroni (Corriere Dello Sport 21-10-2017)

Luca Marchegiani, come mai un bambino comincia a giocare da portiere invece che voler fare i gol?

«Giocavo tanto da solo da bambino, mi ricordo che nel cortile di casa mia calciavo il pallone contro il muro e poi lo paravo. Imitavo i servizi di “Novantesimo minuto” con una specie di telecronaca. Riproducevo gli highlights delle partite come si faceva una volta con le azioni : tiri e parate, tiri e gol. Fin da bambino mi buttavo a terra, paravo i tiri che mi facevo da solo. Poi un giorno, eravamo un gruppo di amici, siamo andati alla prima partita, tipo la “squadra di stoppa”, senza neanche un allenamento, e l’allenatore, il responsabile di questa squadretta, ha detto “Chi fa il portiere?”. Io ho alzato la mano e ho cominciato così. Non ho mai fatto un minuto di partita in un’altra posizione del campo. Ho sempre creduto che portieri si nasca: è una cosa che hai dentro, metterti lì in mezzo a quei pali. In quella posizione un po’ strana, che però dà tante soddisfazioni». Continua a leggere Luca Marchegiani: Chi fa il portiere? Io ho alzato la mano e ho cominciato così.

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Claudio Filippi: L’allenamento del numero1

La redazione pubblica l’intervista a cura de Il Nuovo Calcio a Claudio Filippi.

Sette anni di Juventus, arrivato con Gigi Delneri, rimasto nell’era Conte e ora con Massimiliano Allegri: parliamo di Claudio Filippi, responsabile dell’area portieri della società bianconera e allenatore dei numeri uno della prima squadra, Gianluigi Buffon, Neto e Emil Audero. Storico collaboratore de Il Nuovo Calcio, l’abbiamo ascoltato per fare un po’ il punto della situazione sull’universo portieri, sugli aspetti metodologici, sull’evoluzione del ruolo e per avere qualche anticipazione sul suo ultimo lavoro editoriale, curato insieme a Daniele Borri, in uscita proprio a ottobre, intitolato “La tecnica del portiere”.

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Intervista a Gianluca Troilo – Levante U.D.

La redazione ringrazia il Mister e il club spagnolo Levante U.D.

Chi è Gianluca Troilo?

Sono un ragazzo di 24 anni, nato e cresciuto con un pallone tra i piedi a Moncalieri, nella provincia di Torino. La mia carriera calcistica ebbe inizio nella scuola calcio dell’ ac Moncalieri, per poi passare nelle file del settore giovanile del Torino Calcio in cui rimasi per 10 anni. Venni poi ceduto all’ Ivrea Calcio per un anno e l’ultima tappa della mia carriera fu nel Lascaris in cui rimasi per 3 anni di cui due di Eccellenza e l’ultimo, dopo aver vinto i playoff di promozione, in Serie D. Nel Lascaris iniziai ad avere le prime esperienze come allenatore dei portieri insieme al mio compagno di squadra Davide Asinell: insieme ci occupavamo della preparazione dei giovani portieri delle categorie inferiori. L’anno successivo un mio vecchio allenatore del Moncalieri, Francesco Merenda, passato alle redini del settore sportivo del club, mi propose di allenare i porteri della scuola calcio. Accettai subito perché mi piaceva l’idea di poter insegnare a giovani portieri le basi del ruolo. L’anno andò bene e due portieri, a fine stagione, ebbero la possibilità di passare a società più importanti, fu una bella esperienza,sotto tutti i punti di vista, che mi servì anche per poter mettere in pratica la didattica studiata nell’Università. Continua a leggere Intervista a Gianluca Troilo – Levante U.D.

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Intervista a Francesco Farioli, Aspire Academy

Francesco Farioli campo

La redazione ha avuto il piacere è l’occasione di intervistare il Mister Francesco Farioli, allenatore dei portieri in Qatar presso Aspire Academy. Nell’augurarvi una buona lettura, cogliamo l’occasione per ringraziarlo e fargli un grande in bocca al lupo.

Chi è Francesco Farioli?

Mi definirei come un sognatore pragmatico. Sono un giovane 26enne con il cassetto pieno di sogni e di idee, con una laurea in Filosofia che mi aiuta a cercare di vedere le cose anche da un’altra prospettiva e con una famiglia semplice alla spalle che mi ha insegnato a credere nelle proprie idee, ma soprattutto a lavorare sodo e con costanza, giorno dopo giorno. “I grandi palazzi si costruiscono un mattoncino alla volta” mi hanno sempre detto. Una tesi dedicata al ruolo del Portiere, intitolata “Filosofia del gioco: l’estetica del calcio e il ruolo del Portiere.”, una in itinere in Scienze Motorie, ma soprattutto tanto tanto lavoro, sul campo e fuori. “Perchè si è Portieri in campo, ma anche nella vita.” Dopo una carriera da Portiere dilettante, tra promozione e seconda categoria, su invito del mio ex allenatore dei portieri Paolo Galardi (da sette stagioni allenatore dei Portieri della prima squadra del Montemurlo, Serie D) ho iniziato ad allenare i piccolini, all’età di 19 anni. Le prime due stagioni mi sono diviso tra la scuola calcio del Margine Coperta (un importante settore giovanile toscano guidato da Antonio Bongiorni, talent scout dell’atalanta, nella quale ho giocato per 10 anni) e Montemurlo. Poi, a 21 anni, la prima occasione. Ennio Quintavalle, Presidente onorario di Apport, mi chiama un pomeriggio di fine giugno e mi dice: “France, c’è una squadra di Eccellenza che cerca un Preparatore dei Portieri. Ho parlato con il Direttore Bicchierai e gli ho fatto il tuo nome. Te la senti?” Neanche finita la telefonata ed ero già a Borgo San Lorenzo, a più di 100 km da casa. Un impegno grande e un grande salto, per me che ero novello sia come giocatore che ancor di più come allenatore. Ricordo ancora la prima volta in sede alla Fortis Juventus… mi sembrò di entrare nella sede del Santiago Bernabeu. Una società con anni di serie D alla spalle, mi sentii piccolo piccolo. Ma andò bene. E a luglio partimmo. Super squadra, fatta per vincere. Guidati da Mr. Bonuccelli, arrivammo secondi in campionato, qualche infortunio di troppo o qualcos’altro che andò storto. Ancora oggi ce lo chiediamo, ma alla fine, dopo i buoni risultati ottenuti ai Play-Off nazionali, fummo ripescati in Serie D. La società fu ripescata a metà luglio, tra un cambio di presidenza e l’altro. Nel frattempo ricevetti una proposta dal Direttore Raffaele Pinzani per andare a lavorare a Rosignano, Serie D. Ancora lontano da casa, pochi soldi. Ma volevo fare l’esperienza di una nuova categoria. Partimmo forte, ma a novembre la società, era sulla via del fallimento. E quindi via, quelli da fuori, tutti a casa. Quell’allontamento di massa, mi consentì di finire i miei studi e di cercare e ricercare nuove soluzioni. Andai a vedere molti allenamenti (Spinosa a Chievo, Marchisio ad Empoli e tante partite). A dicembre avevo già trovato squadra, la Fortis Juventus mi aveva richiamato per riorganizzare il settore giovanile e riprendere l’incarico della prima squadra. A fine maggio, la cosa fu ufficiale. Decisi di portare con me Daniele Cardelli, portiere classe ’95, che avevo allenato a Margine Coperta da bambino e, al tempo, terzo portiere della primavera dell’Empoli. Non trovava spazio perché i soli 180 cm a sua disposizione non lo rendevano portiere futuribile. Andammo decisi su di lui, ma le prime tre partite furono difficili e se il Direttore non fosse stato dalla mia parte, la società avrebbe fatto altre scelte. Finimmo il campionato nelle prime cinque posizioni, Daniele convocato in rappresentativa e pronto al salto nei professionisti, direzione Pontedera. Adesso, glielo auguro, è uno degli obiettivi di mercato del Sassuolo. Strana la vita no? Tanto strana che a fine stagione mandarono via il direttore Bicchierai e decisi di seguirlo, aspettando un’altra chiamata per lavorare ancora insieme. Chiamata che, purtroppo, non arrivò. Era metà luglio, squadre quasi tutte pronte a partire per i ritiri. Suona il telefono, Moreno Bolognesi, preparatore dei portieri della Lucchese: “France, come stai? Hai trovato squadra? Te lo chiedo perché ho problemi con il lavoro e non riesco a conciliare le cose… se sei ancora libero, faccio il tuo nome.” La mattina dopo, ero in campo a lavorare con la Lucchese. La Lega Pro 1 a venticinque anni. Un sogno che si realizzava, dopo due mesi da incubo. La partenza difficoltosa, poi l’arrivo di Giovanni Galli e a seguire quello di Mister Galderisi e del Vice Cavalletto. 7 mesi bellissimi. Poi ancora un cambio, arriva Mister Baldini. La Lucchese mi conferma l’incarico e mi dà mandato di monitorare anche la metodologia del lavoro dell’area portieri del settore giovanile. In questi mesi l’opportunità di partecipare al corso master di Coverciano per allenatore dei portieri (tra i docenti anche Mister Claudio Filippi e Mister Gianluca Spinelli). A fine ottobre Mister Baldini è esonerato e io decido di dare le dimissioni, aspettando una nuova opportunità, che si concretizza da lì a breve. Si aprono le porte del Qatar, destinazione Doha. Ed eccoci qua, all’Aspire Academy a raccontarvi questa nuova esperienza.

Qui in Qatar ci sono innumerevoli differenze. Mi verrebbe da dire che è un altro mondo. Nel bene, ma anche nel male. Uno stile di vita diverso, usi e costumi lontani anni luce dai nostri, una burocrazia assurda e poi il lavoro in campo. Pur lavorando con i ragazzi delle nazionali giovanili, il livello iniziale dei ragazzi è molto basso, soprattutto dal punto di vista mentale. Solo dopo anni in Aspire riescono ad acquisire la mentalità del professionista.

Il campionato di prima divisione (Qatar Stars League) è composto da 14 squadre, la maggior parte di esse con sede a Doha. Il livello tecnico è in crescita, grazie ai giovani che provengono da Aspire e ai giocatori esteri che, se prima venivano a finire la loro carriera qui (succede ancora, vedi Xavi o altri), adesso stanno prendendo questa meta come opportunità di passaggio nel fior fiore della loro carriera. La loro Serie B è un campionato di basso livello di cui, ad oggi, non ho molte informazioni.

Aspire

Quali differenze ha riscontrato tra il settore giovanile italiano e quello in Qatar?

Due cose sono abissali: il punto di vista e il tempo. Qui ho imparato a valutare le cose buone dei giocatori, perchè se guardassimo fin dall’inizio cosa gli manca. Beh… probabilmente non partiremo nemmeno. In italia troppo spesso bolliamo i giocatori con etichette pesanti (ricordate la storia di Cardelli no?), ma che non sempre sono veritiere al 100%. Per quanto riguarda l’altra differenza vi stavo raccontando del tempo. Qui c’è la necessità di costruire giocatori dal niente. Zero cultura, poca qualità di base, ma la convinzione profonda che il lavoro possa dare i frutti sperati. Si lavora con lungimiranza e in prospettiva.
Per costruire giocatori, non per vincere le partite.
Le nostre U12, U13 quando giocano contro le altre nazionali pari età prendono anche 10-11 goal a partita. Eppure si cerca di valutare i progressi e, il giorno dopo, ancora a lavoro, più forte di prima. Passano gli anni e vedi l’U23 del Qatar (1 milione di abitanti o poco più) battere la Cina (1 MILARDO e mezzo di abitanti). E ti chiedi come sia possibile. La risposta? Il tempo. Darsi tempo e impegarlo al meglio. I nostri ragazzi vengono inondati di lavoro. 7 allenamenti settimanali, didattica in aula, analisi video ed esami scritti sui principi di gioco. Un modo quasi traumatico di rompere con le loro abitudini e creare un nuovo modo di vivere e vedere il calcio.

Qual è stata la sua esperienza nel settore giovanile? Cosa pensa sia necessario insegnare?

Esperienza con il settore giovanile non molta, ma quella che ho avuto è stata su piani diversi. Due anni sul campo, poi, sia alla Fortis che alla Lucchese come supervisore, ed oggi di nuovo in campo. Nei primi due anni ho provato a trasmettere il mio modo di essere portiere. Tecnica, tecnica e ancora tecnica. Ho trasmesso quello che mi avevano insegnato. Nelle ultime due esperienze ho provato a trovare un’altra strada, che riuscissi a dare le stesse competenze tecniche, ma soprattutto introducesse i ragazzi a capire la partita, a comprendere il gioco, a risolvere la situazione.

La sua idea di prestazione del portiere?

Un portiere che domini la partita. Coraggioso e sicuro. Che abbia buone mani e possibilmente anche buoni piedi, ma soprattutto che sia capace di leggere la partita e capirla.
Sembrerà strano, ma a me piace osservare e valutare il Portiere quando la palla è nell’altra aria di rigore.

Qual è la tua settimana tipo?

Per parlare della settimana tipo, devo fare riferimento all’esperienza di Lucca.
Qui sarebbe impossibile fare questo ragionamento. Lavoriamo per blocchi di lavoro di due settimane concentrati su una sotto categoria di un argomento che sviluppiamo per un totale di sei settimane. La settimana tipo è quella che ovviamente va da Domenica a Domenica, una settima di 8 giorni. Perchè non possiamo perderci il punto di partenza, che è la partita appena giocata. L’analisi qualitativa e quantitativa (carico fisico e mentale).

Di seguito lo schema generale della settimana tipo.

Francesco Farioli, settimana tipo
Francesco Farioli, settimana tipo

Come struttura la seduta di allenamento?

Dipende molto dalla giornata, diciamo che il punto di partenza fondamentale è il lavoro della squadra. Per i tempi a disposizione, ma soprattutto per gli obiettivi che l’allenamento ha.
Come struttura generale l’allenamento parte con una serie di lavori individuali specifici (coordinativi/preventivi/compensativi) in palestra (20-25 minuti prima dell’allenamento, almeno 3 volte a settimana). Un’attivazione ludica in campo di 10 minuti, con gioco a tema sull’argomento centrale dell’allenamento. 5/6 minuti di lavoro analitico e 15-20 minuti di sviluppo situazionale (generale o specifico), più lavoro con la squadra (solitamente un’esercitazione a tema e una partita a tema).

Utilizza attrezzature di allenamento particolari?

Partiamo da un concetto: per allenare ed allenarsi, serve un campo, un pallone ed un giocatore. Condizioni sufficienti e necessarie. A tutti gli stage a cui ho partecipato come relatore ho sempre cercato di proporre esercitazioni con l’utilizzo di palloni e massimo 6 cinesi, perché credo sia importante capire che si può lavorare veramente con poco, ma è anche vero che, tutto quello che c’è in più, sposta il livello d’allenamento e dell’attenzione. Sia chiaro, l’allenamento non è da confondere con una bella apparecchiatura in campo. Non si prescinde dalle idee, dai concetti, dai principi e dagli obiettivi, ma è anche vero, contro ogni retorica, che i mezzi possono aiutare a fare la differenza. In primis il campo (le condizioni del campo) e lo spazio a disposizione. Il portiere si deve allenare in Porta con uno spazio sufficiente ad allenare palle alte o costruzione del gioco. Impossibile chiedere ad un portiere di migliorare l’uscite o i rinvii se si allena in un angolo del campo 10×10. Questa deve essere la nostra prima e insostituibile battaglia. Al secondo posto, metterei senza dubbio la mia GoPro. Riprendere gli allenamenti ed avere immediatamente il riscontro del lavoro fatto mi consente innanzi tutto di autovalutare le mie proposte, capire se gli obiettivi e l’intensità del lavoro sono stati centrati. Ovviamente, l’immagine parla chiaro, e ci consente di osservare e capire dove poter intervenire, dando coscienza al nostro atleta della sua situazione, nei suoi punti migliorabili, ma anche nelle sue certezze. Come dice Antonio Conte “l’immagine inchioda” ed io sono un maniaco del video. Riprendo tutti gli allenamenti, a fine seduta li riguardo, seleziono le parti che reputo più interessanti e le archivio. In media consumo un Hard Disk ogni tre mesi. Da qui in avanti tutto è un surplus, che tuttavia reputo utilissimo. Dalle sagome gonfiabili, alla tanto criticata sparapalloni che, in questi primi giorni a Doha, ho avuto l’opportunità di testare dal vivo. Ogni variabile ha la sua valenza, aumenta il numero delle possibilità e, logica vuole, che di per se già questo basti a capire l’importanza dell’attrezzatura, purché essa trovi un contesto entro il quale possa essere funzionale.

Lavorando nel settore giovanile, lei (o lo staff dei preparatori fisici) ha programmato dei lavori di forza? Se si come? Quali sono gli obiettivi?

La distinzione è chiara. Nella mia ultima esperienza di Lucca, lavoravamo 3 volte a settimana sulla forza. Avendo un portiere esperto, 34 anni, abbiamo deciso di improntare un programma di lavoro sulla forza massima, riducendo sensibilmente le stimolazioni pliometriche. Mentre con gli altri portieri, nel pieno della loro forma fisica, salvo problematiche specifiche, hanno sempre svolto il carico completo, partendo prima dalla base tecnica per l’esecuzione dei movimenti (si pensi all’importanza della tecnica della girata o strappo, piuttosto che di un semplice squat) fino ad arrivare a sovraccarichi modulati in base a test mensili portati avanti con l’ausilio esterno del Dott. Francesco Bruni e, in precedenza, del Dott. Luca Barni.
All’Aspire l’area fisica è coordinata da Valter Di Salvo (Director of Football Performance & Science, ex Preparatore Atletico di Lazio, Manchester e Real Madrid), da Daniele Bonanno (Head of Football Strenght & Conditioning Coach) e da Mattia Modonutti (Coordinator Football Performance & Science). Il lavoro con i ragazzi è individualizzato e seguito con costanza. In primis si cerca di dare un vissuto motorio il più ampio possibile, attraverso l’utilizzo di open-skills multidisciplinari (pallamano, pallavolo, basket ecc ecc). Un importante lavoro preventivo obbligatorio per tutti i calciatori (injury prevention) e specifico (in caso di necessità, obbligatorio per tutti i portieri quella alle spalle), core stability e sviluppo delle differenti tipologie di forza. Il lavoro è monitorato da una batteria di test molto articolata, ripetuta con frequenza trimestrale. L’obiettivo, come detto, è creare in primis una struttura solida, ma anche capace di risolvere le situazioni che in campo si troverà ad affrontare, competendo con forza e vigore su ogni pallone.

Francesco Farioli ad Aspire

Con l’occasione voglio ringraziarvi per il grande lavoro che state portando avanti per il ruolo del Portiere e del suo allenamento.
Inoltre vorrei ringraziare personalmente sia Mr. Marco Garofalo per questa bella intervista, sia Mr. Claudio Filippi per l’interessante scambio di punti di vista di qualche settimana fa, per il tempo che entrambi hanno voluto dedicarmi nonostante i loro importanti impegni professionali.

Francesco.

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Intervista a Luca Marchegiani: “Giocare con i piedi, che trauma!”

Interessante iniziativa intrapresa dal Corriere dello sport: un’inchiesta sul ruolo che negli anni è cambiato più di tutti. Luca Marchegiani ci introduce negli anni 90, che sono quelli della prima, vera, grande trasformazione: nel bel mezzo della carriera, questa generazione si ritrova con un problema in più, non può prendere con le mani il retropassaggio del compagno, ma deve rigiocare la palla con i piedi, e deve farlo bene e velocemente perché gli attaccanti ora partono in pressing. Marchegiani, oggi opinionista di Sky, è il personaggio ideale per spiegare il cambiamento. 

[vimeo]https://vimeo.com/83338918[/vimeo]

Io non mi sentivo pronto, Pagliuca invece lo sapeva fare. Ho cercato di lavorarci anche dopo aver sbattuto il muso ma quell’errore in Italia-Svizzera ha fissato i miei limiti

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Intervista a Sarti: “Yashin e Buffon sono i più grandi della storia”

Interessante iniziativa intrapresa dal Corriere dello sport: un’inchiesta sul ruolo che negli anni è cambiato più di tutti. Il secondo intervistato è Giuliano Sarti: “ è stai un innovatore del ruolo e oggi, con una lucidità impressionante, ci racconta della sua amicizia con Yashin e cosa significava ai suoi tempi fare il portiere, una categoria che divide in due specie: i geometrici e i reattivi. (Cliccka qui per la prima intervista a Buffon)

Ai miei tempi si parava a mani nude, Hamrin mi disse che in Svezia usavano i guanti: li comprai

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Intervista a Buffon: “Troppi rischi: non esco più!”

Interessante iniziativa intrapresa dal Corriere dello sport: un’inchiesta sul ruolo che negli anni è cambiato più di tutti. Si parte con Gianluigi Buffon: “perché è il primo calciatore italiano per presenze in nazionale (138) e perché in qualche modo è stato lui a ispirare questa ricerca, con una conferenza stampa a Coverciano in cui spiegò perché, da parte della critica, servirebbe maggiore conoscenza del ruolo. Da lì, è partito tutto”.

L’uscita bassa è un gesto tecnico bellissimo: ero uno dei migliori. Ora ho smesso, certe regole sono contro lo spettacolo e ci limitano

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